Perché collezioniamo dischi in vinile?
Il professore Americano Kevin M., collezionista compulsivo di dischi per tutta la vita, ritiene che si tratti di una passione che risiede nel profondo e che non possa essere liquidata con un semplice luogo comune riassumibile nella frase ‘il vinile suona meglio‘. Cosa si cela dietro questa grande passione?
Leggi l’articolo integrale ”Tutti pazzi per il vinile”…

Le vendite dei vinili, il dato è certo, hanno avuto una notevole impennata nel corso degli ultimi anni, non a caso, molti artisti sono tornati a stampare i loro dischi anche in questo formato ‘classico’. Uno studio scientifico, tuttavia, mette in evidenza un collegamento piuttosto inquietantel’ampiezza della vostra collezione di dischi potrebbe essere direttamente proporzionale al livello della vostra sociopatia!

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Tutti coloro che collezionano vinili lo fanno per motivi molto diversi, spesso insondabili. Si tratta di una passione diabolicamente difficile da spiegare, qualcosa che trasforma individui razionali in accumulatori seriali e ossessivi.
Approcciando il tema da una prospettiva sociologica ed antropologica, il professor Kevin M., collezionista compulsivo di dischi per tutta la vita, ritiene che si tratti di una passione che risiede nel profondo e che non possa essere liquidata con un semplice luogo comune riassumibile nella frase ‘il vinile suona meglio‘.
Nel suo libro “Il collezionismo di dischi come antropologia culturale”, tenta, con l’aiuto di sociologi e del critico musicale Simon Reynolds di rispondere alla domanda ‘perché collezioniamo dischi?’
“Molte sono le ragioni che spingono al collezionismo di dischi, ma una caratteristica che spicca, rispetto ad altri tipi di collezionismo in cui l’oggetto viene messo da parte e custodito, talvolta nascosto, è che il senso del collezionare dischi è l’ascolto dei medesimi perché l’ascolto è l’unico modo di ‘vivere’ il loro contenuto”.
A parte rari casi di collezionisti di dischi che sigillano ermeticamente l’oggetto e lo ‘nascondono’ in luoghi protetti dalla luce e dagli sbalzi di temperatura o di umidità, la maggior parte dei collezionisti ama toccare, maneggiare e condividere i propri acquisti. Il musicista rock Jeff Connolly sostiene che non c’è la gioia di possedere un disco, ma quella di ‘usarlo’, dunque, ascoltarlo.

Il critico musicale Simon Reynolds nel suo libro The Recording Angel: Music, Records and Culture from Aristotle to Zappa, ha descritto le motivazioni uniche che si si celano dietro il collezionismo di “oggetti culturali” quali i dischi, evidenziando cinque motivi come particolarmente significativi. Il primo è “la necessità di rendere la bellezza e il piacere permanenti”, che rimanda al timore della possibile scomparsa dell’oggetto, un motivo comune a tutti gli sforzi di conservazione culturale. Il secondo motivo è legato al primo: “la necessità di comprendere la bellezza” di quel che viene collezionato, che può diventare più bello via via che lo si comprende meglio…e, certamente, possedere un libro o un disco permette di ‘studiarlo’ più volte e a proprio piacimento. In terzo luogo, ha evidenziato la” necessità di distinguersi come consumatore “, per diventare “consumatori eroici “che si distinguono dalla massa, acquistando i pezzi più rari o le collezioni più complete possibili, o percorrendo grandi distanze per accaparrarsi un acquisto. Il motivo successivo ha a che fare con la nostalgia, il senso di appartenenza che si prova attraverso la raccolta di pezzi del passato: la collezione serve come un ponte tra passato e presente, infatti “ogni disco collega il suo proprietario con due epoche, quella della sua creazione e quella della sua acquisizione.” L’ultima ragione riguarda la ricerca di un capitale sociale in tutte le sue forme, ovvero “la necessità di impressionare altri, o se stessi “.
Simon Reynolds sostiene che il collezionismo di musica può arrivare a livelli patologici e sconfinare in comportamenti distruttivi, ossessivo-compulsivi, fino al vero e proprio feticismo. Pensa inoltre che sia un fenomeno, per così dire una ‘malattia’, molto più maschile che femminile, legata in qualche modo al non raro impulso (maschile, appunto) di controllo, di possesso.

In realtà, gli esseri umani sono da sempre protagonisti di comportamenti estremi ed è semplice trovare un esempio che corrisponda ad una qualche categoria ristretta di persone e, dunque, non è corretto generalizzare. Al contrario, è dimostrato che i collezionisti sono consumatori più attenti e selettivi, capaci di regolarsi meglio di altri per quanto riguarda il tempo ed il denaro da dedicare ai propri acquisti.

E voi, cosa ne pensate, siamo tutti pazzi per il vinile o tutti pazzi…e basta?